Il sensitivo
di Andrea Cavanna
Era ottobre del 1985 e la Maria Paolina G. aveva attraccato a Catania per una sosta logistica, era in corso la crociera di lavoro ANG2/85. A Catania c’erano anche quelli del Manning (T-Boat): Pino Spairani, Giovanni Ciuffardi e il compianto Giuliano Bertoli; c’erano anche altri colleghi sul Manning ma non ricordo i loro nomi.
Quelli del Manning ci avevano invitati a passare una serata con loro in un’osteria dove avremmo potuto mangiare qualche stuzzichino e bere il famoso vino Zibibbo, un vino liquoroso siciliano molto dolce e rinomato. Non ricordo esattamente in che zona andammo di Catania e non ricordo nemmeno il nome del locale, ricordo che lungo la strada attraversammo la piazza della stazione centrale che rimaneva sulla destra.
Giunti all’osteria venimmo salutati dal proprietario con molta cordialità, sembrava che ci aspettasse, forse quelli del Manning avevano preannunciato la nostra visita. Ci sedemmo e mangiammo degli stuzzichini a base di formaggi e pesci sott’olio e bevemmo, naturalmente, il famoso Zibibbo. C’eravamo andati apposta per quello.
Trascorremmo il resto della serata scherzando e facendo alcuni giochi di forza. Ad uno ad uno tutti provammo a sollevare la seggiola afferrata per una gamba e con il braccio teso. Inutile dire che alcune prove fallirono clamorosamente tra le risate di noi tutti. Poi venne la volta dell’altra prova di forza, consisteva nel sollevare un tagliere colmo di polenta, bisognava sollevarlo senza piegare il polso. Una prova molto difficile, bisognava avere la forza del proprietario, che aveva davvero un polso d’acciaio, infatti per mostrarci come si doveva fare ce lo fece vedere diverse volte. Solo uno o due di noi riuscirono nell’intento, gli altri dovettero arrendersi tra gli sfotto.
La serata in osteria volse al termine, era giunta l’ora di rientrare. Il padrone del locale in prossimità dell’uscita ci salutò uno ad uno con una stretta di mano e un “Grazie, Arrivederci!”. Quando fu il momento di Richard Heitmeir (il capo crociera) il padrone gli strinse la mano per il consueto saluto ma aggiunse “Uhm…. Iddu porta rogna”. Dick naturalmente non aveva capito il significato della frase in siciliano, ma aveva intuito che doveva essere una cosa che lo riguardava e si apprestò a chiedere a Jean-Louis Berrou la traduzione, il quale con una certa incertezza tradusse in inglese “You’re bad luck” ( Ha detto che tu porti rogna ) .
Heitmeir, dopo un attimo di esitazione, disse: “Forse è vero. Quando sono andato negli Stati Uniti a trovare la famiglia, prima di partire per la crociera, mi hanno perso le valige all’aeroporto, poi dopo due giorni che ero a casa i mie figli si sono ammalati e quando sono tornato a casa, in Italia, ho scoperto che avevo dimenticato la stufa accesa”.
Ebbene si! Forse un fondo di verità c’era. Ricordo che a bordo della Paolina, Dick se ne stava quasi sempre nel suo ufficio adiacente il laboratorio, quello vicino alla scala e raramente usciva da lì. Quando usciva per venire in laboratorio qualcosa di strano accadeva sempre, magari un piccolo inconveniente, ma accadeva … forse erano solo coincidenze.
P.S. Ricordo con piacere Richard Heitmeir, una persona molto gentile e rispettosa delle opinioni e dei suggerimenti altrui.
Andrea, quando siamo usciti dal varco il doganiere chiese ad Heitmeir cosa avesse in tasca . Heitmeir per dimostrare che non aveva niente di particolare ha rivoltato le tasche ed sono uscite almeno una ventina di cicche e relativa cenere !!!
Ricordi ?
Non è proprio così.
Lo ricordo bene perché Panfietti mi fece notare che si era avvicinato furtivamente, quasi in ombra, ad un bidone e lì ha cominciato a svuotare le tasche, uscivano dei pezzetti bianchi, tabacco e come dici tu anche cenere. Pensavamo che fossero pasticche di qualche tipo di droga, invece erano i filtri delle sigarette.
Ne fumava in grande quantità.
Leggi il racconto Non era droga