Era il 1982 e per la prima volta la Maria Paolina G. avrebbe fatto scalo in Egitto e precisamente nel porto di Alessandria. La segretaria del gruppo avrebbe raggiunto la nave in quel porto. Era partita per conto suo qualche settimana prima per fare una vacanza e per preparare la nostra visita al Cairo.
Giungemmo finalmente ad Alessandria d’Egitto il giovedì, nel primo pomeriggio, ma non ci fecero attraccare in banchina, ci tennero un giorno in rada. Ci fecero attraccare il venerdì, che come è noto, nei paesi mussulmani è giorno festivo. Forse per farci pagare di più le operazioni portuali.
Appena attraccato una miriade di barche si fecero sottobordo. Con una scusa o con l’altra tutti tentavano di salire a bordo per offrire i loro servigi. I marinai di guardia ebbero il loro daffare a tenerli a bada.
Più di una volta venne la polizia a mandarli via con metodi abbastanza rudi. Un poliziotto saliva a bordo di ogni imbarcazione e a calci nel sedere faceva salire i barcaioli sulla motovedetta. Quando se ne andò la motovedetta era piena di barcaioli e tutte le barche, forse quattro o cinque, legate una all’altra venivano trascinate via.
Poco più tardi arrivò un’altra barca con un signore molto ben vestito, indossava un caftano color cremisi molto elegante e il classico zucchetto ricamato. Sembrava un vero uomo d’affari arabo. Con fare scaltro, spacciandosi per il rappresentante dell’agenzia marittima, riuscì a salire a bordo e a parlare con il comandante. Tra le altre cose propose al comandante e al capo crociera la visita al Cairo. Parlava fluentemente inglese. Promise che avremmo fatto il viaggio attraverso il deserto a bordo di vetture climatizzate e ci avrebbero portato a visitare le meraviglie del Cairo.
Tutto questo accadeva prima che la segretaria giungesse a bordo. Essa, nei giorni precedenti, aveva preso accordi con agenzie turistiche e concordato il tour, aveva concordato anche il prezzo. Rimase sbalordita quando venne a sapere che avevamo preso accordi con l’egiziano. Purtroppo non si poteva tornare indietro.
L’indomani mattina all’alba la prima sorpresa: i mezzi di trasporto non erano proprio come avevamo concordato, un pulmino ed una macchina e naturalmente l’aria condizionata era costituita dai finestrini aperti. La segretaria visto il primo intoppo non si lascò scappare l’opportunità di far rilevare che eravamo stati fregati. Purtroppo non si poteva fare altro che affrontare i 220 chilometri che ci separavano dal Cairo percorrendo il Deserto di Alessandria in circa tre ore.
Prima tappa del tour fu una moschea famosa in cui era sepolto lo Scià di Persia, visita al museo Egizio e a seguire la spianata di Giza con la sfinge e le tre piramidi. Arrivammo a Giza verso mezzogiorno, il sole era altro e le piramidi illuminate dal sole erano abbaglianti. Provai un senso di disagio misto a delusione che presto sparì quando cambiò l’angolazione della luce e le piramidi apparvero nel loro splendore. Formammo dei gruppetti, il mio gruppo decise di fare un piccolo spuntino . Dopo il leggero pasto decidemmo di visitare il Tempio Basso, la Sfinge e la Piramide di Chefren nel suo interno, sino alla camera mortuaria. Restammo affascinati dal luogo. Sembrava di vivere in una favola. Ci proposero di andare a visitare un bazar ma decidemmo di restare in quel luogo il più a lungo possibile. Ci restammo sino all’ora di cena. La cena avvenne in un locale spettacolare, ma il bello doveva ancora venire, avevamo prenotato per assistere allo spettacolo di Suoni e Luci. Uno spettacolo di musiche e colori accompagnati da un racconto molto suggestivo. Ci sentimmo trasportati tre millenni in dietro come consigliava la voce narrante. Speravamo che non finisse mai.
Dopo lo spettacolo ci aspettava il lungo viaggio di ritorno sempre attraverso il deserto. Eravamo stremati dalla fatica, ma appagati per quello che avevamo visto in una sola giornata. Con l’aria condizionata al massimo (finestrini completamente abbassati) affrontammo il viaggio di ritorno. Eravamo così stanche che ci addormentammo.
Arrivammo ad Alessandria che era notte inoltrata. Scesi dalle macchine non ci restava che pagare quanto dovuto. La segretaria che non aveva gradito quel tipo di servizio cominciò ad insistere con il capo crociera affinché non pagasse quanto pattuito. Doveva ritoccare il prezzo perché le macchine non avevano l’aria condizionata ed erano fatiscenti. La discussione montava di tono. Una donna teneva testa ad un uomo cercando di imporre la sua volontà. Una cosa inaudita per un mussulmano.
Non ce ne accorgemmo subito, ma da un po’ eravamo circondati dalla polizia, armata. Una decina di poliziotti si erano disposti in circolo. Non volevamo finire di certo la gita in guardina o peggio in una prigione egiziana. Convincemmo la segretaria ad abbassare i tono. A conti fatti, a parte le macchine, il viaggio era stato soddisfacente ed invitammo il capo a pagare quanto dovuto. Pagato il dovuto la polizia si disciolse come era arrivata.
L’unica persona che rimase delusa fu la segretaria, che per carattere, non era riuscita ad averla vinta.